Essere generati per generare
Chiara ha profondamente radicata in sé la consapevolezza di essere stata generata e di ricevere continuamente la vita e il nutrimento dalle mani del Padre delle misericordie, «che nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo» (Priv 6): si sente figlia amata, e riconosce i tratti della paternità di Dio nel volto del suo servo Francesco. Il padre san Francesco è per lei «piantatore» (TestsC 38) e più volte, definendosi in riferimento a lui, Chiara sceglie per sé l’immagine dellaplantula, della «pianticella». «Io, Chiara, pianticella del padre santo» (TestsC 37) scrive ancora al termine della vita nel suo Testamento, utilizzando questa immagine che esprime il bisogno della cura paziente e amorevole, di essere nutrita e sostenuta nella propria fragilità. Chiara sa di essere bisognosa di ricevere cura e si riconosce pianticella, ma sa anche porsi nella relazione con l’altro come madre che nutre e si prende cura: conosce la sapienza e la pazienza del contadino nell’andare incontro ai bisogni delle sorelle. Tante testimonianze al Processo di canonizzazione rivelano la sua capacità di ascolto e la premura verso ciascuna, nella singolarità di ogni sorella. Per lei le sorelle sono un dono ricevuto dalle mani del Padre (cfr. TestsC 25): un bene da custodire con tenerezza e forza, mettendosi a servizio della vocazione di ognuna.
Chiara ha compassione e cura dell’anima e del corpo delle sorelle (cfr. Proc 8,3): educhiamoci anche noi a questa «cultura della cura» (Laudato si’, 231), a fare unità nella nostra vita, a non contrapporre il corpo allo spirito: «imparare ad accogliere il proprio corpo, ad averne cura e a rispettare i suoi significati è essenziale per una vera ecologia umana»(Laudato si’, 155). Questo può interpellare voi sorelle e le vostre comunità: chiedetevi come viene nutrita e curata la vostra vita interiore, come sono coltivate e nutrite le relazioni tra le sorelle, quanto vi lasciate educare dalla sapienza del creato, quanto i gesti semplici e quotidiani anche per voi diventano parabole di Vangelo seguendo l’esempio di Gesù che per annunciare il Regno partiva proprio dalla vita concreta: il pane, il seme, la vite, il grano… (cfr. Laudato si’, 97).
Riconoscenza e condivisione
Un secondo aspetto evidenziato dalle fonti ci rimanda al rapporto di Chiara con i beni del creato. Da povera, «i frustoli di elemosina e i tozzi di pane che i cercatori riportavano, li accettava con grande piacere, mentre quasi mesta prendeva i pani sani; esultava di più davanti ai tozzi», come ricorda la Legenda (LegsC 9). C’è in lei una risposta di gratitudine, di apprezzamento, di riconoscenza per quanto le viene donato. Il suo atteggiamento improntato alla sobrietà manifesta con ogni evidenza l’estrema distanza dalla mentalità consumistica e da quella «cultura dello scarto» (cfr. Laudato si’,16.22.43.123.220) che tanto condiziona il nostro relazionarci con le persone e con le cose. I tozzi di pane, scartati dalla tavola dei ricchi, diventano per lei motivo di gioia, permettendole di assaporare più pienamente il gusto della povertà. Chiara sa accogliere il dono di un pezzo di pane dato in elemosina ritrovando in esso la bontà del Donatore. Non pretende e non ambisce al superfluo: le basta il necessario, si accontenta del sufficiente, consapevole che «il cibo che si butta via è come se lo si rubasse dalla mensa del povero» (Laudato si’, 50).
Chiara non sfrutta i beni del creato, bensì li accoglie come dono, ricevendoli in funzione della vita e in risposta al proprio bisogno, ma senza appropriarsene. Può essere quindi aperta alla condivisione generosa di quanto ha ricevuto. Sora Cecilia racconta che, dell’unico pane rimasto in monastero, Chiara ne fa mandare la metà ai frati (cfr. LegsC 10),mettendo in atto una condivisione smisurata nel dividere equamente il pane tra le sorelle – che erano cinquanta – e i fratelli, che verosimilmente erano in quattro (cfr. RsC 12,5-7). Chiara si abbandona fiduciosa nelle mani provvidenti del Padre delle misericordie che non lascia mancare il cibo a coloro che confidano in lui, dimostrando che «è meglio il poco del giusto che la grande abbondanza dei malvagi» (Sal37,16). Condivide quanto ha ricevuto, perché possa servire a tutti; sa ricevere ma senza abusare del dono, restituendolo con fiducia e generosità nella condivisione con i fratelli.
È uno stile che interroga voi, sorelle, e noi frati, riguardo all’uso dei beni e alla gestione delle risorse che possediamo; smaschera la nostra ricerca e forse pretesa di privilegi che ci portano ad aspettarci di ricevere qualcosa in più rispetto agli altri; ci interpella in ordine alla misura della condivisione con i nostri fratelli, all’atteggiamento di gratitudine o di avidità e accumulo. Una sana e giusta relazione con i beni del creato non ci rimanda, in definitiva, a quella scelta di minorità che abbiamo abbracciato, invitandoci a non accumulare, a non appropriarci, a non sprecare, bensì ad accogliere con gratitudine e a restituire nella condivisione?
Stupore e lode per la bellezza del creato
L’atteggiamento libero di Chiara di fronte al creato le permette di essere aperta a riconoscere nella bellezza delle opere la presenza del Creatore. Sora Angeluccia narra che quando mandava le sorelle fuori dal monastero per qualche servizio «le admoniva che, quando vedessero li arbori belli, fioriti e fronduti, laudassero Iddio» (Proc14,9). Le sorelle a cui Chiara si rivolge hanno un compito da svolgere, ma la loro attenzione non deve essere assorbita unicamente dalle cose da fare o dagli impegni, il loro sguardo deve allargarsi al mondo e a ciò che il Signore vi ha posto: «prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico. Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli» (Laudato si’, 215). È un guardare con l’attenzione di chi sa cogliere la bellezza, l’armonia e la vita delle cose create: Chiara sa vedere il bello e il buono, prima che l’utile. E, seguendo l’insegnamento di Francesco, ci dice che da questo “vedere” deve scaturire il “credere”, che si esplicita nel canto della lode per il Creatore. La lode di Dio ha il primato sulle opere, anche su quelle buone, e la vostra vita deve essere un inno di lode al Signore anche per il dono del creato, da guardare con attenzione, rispetto, riconoscenza (cfr. Laudato si’, 85.233).
Il papa ci ricorda che «se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea» (Laudato si’,11). Ciò diventa provocazione, per ogni sorella, a coltivare e custodire un atteggiamento di restituzione nella lode al Donatore per tutti i suoi doni. E insieme è invito per le comunità a compiere scelte di rispetto dell’ambiente, di sobrietà e di attenzione allo spreco, di gestione delle strutture in modo sapiente e lungimirante, di valorizzazione degli ambienti, di cura per la bellezza e l’armonia degli spazi (cfr.Laudato si’,147), dell’instaurarsi cioè di «una relazione di reciprocità responsabile tra essere umano e natura» (Laudato si’,67).
Dalla lode alla partecipazione all’opera creatrice del Signore
Chiara ha la profonda consapevolezza di essere una creatura, ma altresì si sente chiamata a cooperare all’opera creatrice di Dio. Il lavoro è per lei una grazia data dal Signore, e deve essere a servizio di tutte: «Le sorelle alle quali il Signore ha dato la grazia di lavorare, dopo l’ora terza lavorino con fedeltà e devozione e di un lavoro che sia onesto e di comune utilità» (RsC 7,1).
Anche riguardo al lavoro emergono i medesimi tratti: è servizio ad un bisogno comune che richiede ad ogni sorella «fedeltà e devozione»; è ambito in cui donare cura ed attenzione, in cui sentirsi custodi del bene delle sorelle e dei fratelli, in cui cercare ed esprimere la bellezza quale “segno” del volto bello di Dio. Il lavoro inteso come mezzo di sostentamento e possibilità di servizio, contro ogni forma di appropriazione o di ricerca di riconoscimenti, resta luogo privilegiato in cui tenere vivo «lo spirito della santa orazione e devozione, al quale tutte le altre cose temporali devono servire» (RsC 7,2), cercando «la maturazione e la santificazione nell’intreccio tra il raccoglimento e il lavoro» (Laudato si’, 126).
Non è inutile, forse, interrogarsi circa la dimensione del lavoro nella vostra vita e nel tessuto della comunità. Chiedersi cioè se il tempo del lavoro sia in funzione del servizio alle sorelle e ai fratelli, se venga vissuto con la convinzione di stare partecipando all’opera creatrice di Dio e con la responsabilità di sapersi custodi degli altri e delle creature. Sono interrogativi a cui solo apparentemente si può dare una facile risposta, ma che in realtà riguardano l’ambito della gestione del tempo, lo stile comunitario, le diverse possibilità di ciascuna sorella, le varie stagioni della vita.
Sorelle carissime, Chiara, sull’esempio di Francesco, vi lascia in consegna uno stile di vita che si può riassumere in poche parole: essere «pellegrine e forestiere in questo mondo» (RsC 8,2). Il pellegrino ha con sé l’essenziale, non spreca e non accumula, ma tutto riceve come dono e tutto restituisce nel ringraziamento. Il forestiero è ospite, è di passaggio, non può appropriarsi di nulla, né accampare diritti e privilegi, ma tutto si affida alla generosità degli uomini e alla provvidenza di Dio. Quanto è attuale questo stile ecologico di vita cristiana e francescana! Se in questa direzione abbiamo fatto ancora poca strada, chiediamo al Signore il dono di una «conversione ecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che ci circonda. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana (Laudato si’, 217). Non possiamo restare indifferenti di fronte a questa urgenza. Dobbiamo formarci, come ci esorta il papa, «ad una austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente» (Laudato si’, 214). Il futuro della casa comune passa anche attraverso la vita delle nostre case! Educhiamoci, pertanto, ad una ecologia della vita quotidiana che è espressione di una sana spiritualità cristiana e francescana, affidando a Dio il nostro impegno di cura per la vita in tutte le sue dimensioni.
Vi invito, infine, a pregare e a supplicare il Signore per tutti coloro che hanno responsabilità politiche sociali ed economiche sul futuro del pianeta, perché sia sempre più amato, vissuto e custodito come la nostra casa comune.
Auguri di buona festa!
Scarica il pdf (del testo in italiano, inglese, spagnolo, tedesco e polacco) dal sito dell’Ordine dei Frati Minori.
Programma delle celebrazioni al Protomonastero di Santa Chiara in Assisi e al Monastero della SS. Annunziata Terni.
Letture e orazioni dal Messale Serafico.