Archivio per ottobre, 2015

buongiorno sono il sole

Pubblicato: 25 ottobre 2015 in Uncategorized
‪#‎labuonanotizia‬
25 ottobre 2015-Domenica-30.a tempo ordinario – II
Liturgia: Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52
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+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.
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Buongiorno sono il sole…
Domenica scorsa ci eravamo lasciati con due bei ragazzi di nome Giacomo e Giovanni figli di Zebedeo e una domanda di Gesù: “Cosa volete che io faccia per voi?”. La risposta: un sogno di gloria. Attorno: lo sdegno dei discepoli… Oggi su una strada al limite del paese, su quel tratto che da Gerico porta a Gerusalemme c’è un uomo, un pover uomo, un accattone-barbone-cieco… uno di quelli che nessuno vede, di cui nessuno si accorge. Lui, l’accattone-barbone-cieco ha un nome, si chiama Bartimeo ed è figlio di Timeo e se è vero che non vede lui però ci sente e ci sente bene, sente il rumore della gente che passa, sente che tra quella gente che passa c’è anche quel famoso Gesù che fa tanti miracoli e guarisce tutti, il suo udito è talmente fine che sa riconoscerne il passaggio. Lo riconosce dai passi e si mette a gridare: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Cosa succede poi? Succede che i buoni discepoli, quei bravi ragazzi di domenica scorsa, quelli con il sogno di gloria e anche quelli che si sono sdegnati della domanda dei furbetti che dovrebbero essere il riflesso preciso del Maestro invece che dire: “Bartimeo vieni che Gesù ti guarisce”, lo sgridano, sono nervosetti, quella bella pensata del cieco che scavalca le transenne e abbraccia Gesù li irrita, loro sono le brave guardie del corpo, la Gendarmeria Vaticana che si prende cura che a Gesù non capiti nulla di male, non sono gli uomini intercessori del bene che si curano che all’accattone-barbone-cieco possa tornare la vista. Invece lui continua a gridare e grida ancor più forte, urla, è il grido del bisogno, ABBI PIETA’ DI ME, è il grido della preghiera, quel Kyrie eleison che sale dal cuore alla gola e si trasforma in grido di compassione, l’ accattone-barbone-cieco non parla più, urla e da ora in poi ogni suo gesto sarà esagerato, invece che lasciare il mantello a terra lo lancerà e invece che tirarsi in piedi farà un salto, perché dove è l’amore non è permesso esagerare, è doveroso: ABBI PIETA’ DI ME, prenditi cura di me, guardami, guarda me che non ti posso guardare. La cosa che non torna sono gli uomini transenna che cercano di impedire il miracolo e oltre che ad essere irritati continuano con un TACI che a un uomo senza vista suona come un macigno buttato sui denti. Ma come può tacere un uomo che soffre?
Meno male che il Maestro è uno dalle improvvisate intelligenti: CHIAMATELO! EH?? Gesù stai bene? continua la tua strada, hai ben altro da fare che perderti con questo accattone-barbone-cieco… CHIAMATELO!! Voi che volete impedire all’amore di amare.
Come ci saranno andati dal barbone, cieco, accattone? Contenti o a testa bassa? Comunque gli uomini transenna vanno e incoraggiano Bartimeo ad alzarsi e Bartimeo vola da Gesù, ora è davanti a Lui, faccia a faccia: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». Un Dio che chiede all’uomo che cosa lo renderebbe felice per davvero…questo è il vero miracolo! «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù acconsente e fa un lavoro per benino, un lavoro fatto da Dio e Bartimeo guarito ora sa qual è la strada giusta da percorrere…è dietro il Maestro… la strada che porta verso Casa.
Cari amici belli…stiamo attenti quando a Messa diciamo Signore Pietà, Cristo Pietà, che è poi Kyrie Eleison, Christe Eleison…perché se il Signore ci guarisce, e ci guarisce, poi ci tocca seguirlo davvero!!!!
Ciao belli
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Buongiorno sono il sole…

Pubblicato: 18 ottobre 2015 in Uncategorized
‪#‎labuonanotizia‬
18 ottobre 2015-Domenica-S. Luca, evangelista (f)-29.a tempo ordinario – I
Liturgia: Is 53,10-11; Sal 32; Eb 4,14-16; Mc 10,35-45
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PRIMA LETTURA (Is 53,10-11)
Dal libro del profeta Isaia
Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità.
Parola di Dio.
SALMO RESPONSORIALE (Dal Salmo 32)
R. Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo.
Retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
Egli ama la giustizia e il diritto,
dell’amore del Signore è piena la terra. R.
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.
SECONDA LETTURA (Eb 4,14-16)
Dalla lettera agli Ebrei
Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.
Parola di Dio.
VANGELO (Mc 10,35-45)
+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Gesù disse loro: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse loro: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».
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Buongiorno sono il sole…alcune indicazioni preziose per non fare come i due ragazzi molto amici di Gesù che oggi sforano alla grande sul cammino di sequela che ci sta portando in alto, alla vetta dell’amore. I personaggi della figura barbina di oggi si chiamano Giacomo e Giovanni e li conosciamo bene perchè sono tra quelli che Gesù sceglie per le cose più importanti come la salita sul Monte della Trasfigurazione e di compagnia nell’ora dell’agonia nell’orto del Getsemani. Oggi, forse per la boria di credersi i ‘preferiti’ (anche se non lo sono) escono allo scoperto nella verità di loro stessi e si impegnano molto per conquistarsi la sfiducia del Maestro: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo».
Gesù è un grande e li sfida sul campo dell’amore dando loro una seconda possibilità per ritornare sulla lunghezza d’onda del suo modo di fare: «Che cosa volete che io faccia per voi?». «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra».
Questi sono i suoi amici, se li è scelti Lui perchè fossero suoi amici e stessero con Lui, scelti per essere custodi nel cuore delle sue parole e i suoi gesti così da raccontarle al mondo, ne diventeranno gelosi, l’esatto opposto di quello per cui erano stati chiamati.
Con lui, andava tutto bene, si imparavano grandi cose e bastava così, ma più si cammina più si conquistano cose sempre migliori e più si conquista più si guarda all’erba del vicino che è sempre la più bella e la si desidera perchè è qualcosa di meglio della mia e più si è gelosi più si inizia a crollare, a diventare veri così come siamo e si cade sempre di più, si cade, si cade, si cade nelle mani di Dio che sono sempre lì pronte a raccogliere i nostri pezzetti di umanità, di fragilità umana, pronte a rimpastare quell’uomo-sogno di Dio a immagine e somiglianza dell’amore fatto carne. Lui ci vuole così: vi mando nel mondo, vincerete perdendo, lasciatevi scannare, lasciatevi crocifiggere, lasciatevi arrostire, lasciatevi distruggere perchè l’amore di mio Padre vi farà nuove creature, tra voi non sia che ci sia un primo, ma siate servi gli uni degli altri. “Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Per la cronaca: alla destra e alla sinistra, sulla croce, c’erano i due ladroni!
Ciao belli

ANNO DELLA VITA CONSACRATA/7

Pubblicato: 13 ottobre 2015 in Uncategorized

di Pascual Chavez V., SDB

per continuare a leggere la Lettera scritta in occasione dell’Anno della vita consacrata…

7. Spinti dalla conversione personale e pastorale 

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I cambiamenti cui stiamo assistendo sono così profondi e repentini che sembra non ci sia il tempo di assimilarli adeguatamente nell’unità del nostro soggetto umano. Il rischio è che tale frammentarietà diventi in qualche modo interna all’io, rendendoci tutti più fragili ed esposti alla manipolazioni di poteri anonimi.

Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero…?

Davanti a questo scenario così sfidante ed impegnativo non c’è spazio per la fuga e sì invece per una rinnovata responsabilità. Da questo punto di vista la nostra forma di vita deve potersi fare carico di nuovo della preziosa domanda che Gesù rivolge ai suoi interlocutori: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?” (Lc 9.25).

Si tratta di domandarci che cosa può permettere all’uomo, nel caso nostro ai giovani, di vivere pienamente nel mondo e approfittare delle sue straordinarie potenzialità senza perdere se stesso. In questo contesto, la perdita di sé va intesa qui come la perdita della propria libertà, non solo come autonomia, ma come possibilità di tendere ad un bene ultimo e definitivo, in grado di integrare tutto ciò che si può sperimentare durante la propria vita.

In questo tentativo di rinnovamento, per essere più rispondenti alle sfide odierne, c’è però una serie di fattori che non si possono sottovalutare, ma che nel contempo non possono essere determinanti al grado di una paralisi che non permetta muoversi e vivificare il corpo sociale. Mi riferisco all’invecchiamento e insufficienza del personale, allo scarso flusso vocazionale, alla complessità e pesantezza delle strutture, alle resistenze per un lavoro di vera corresponsabilità con i laici.

Ristrutturazione delle opere come conversione pastorale

Non c’è dubbio che l’attuale contrazione numerica in Occidente genera non poco affanno nel governo delle province, che hanno numerose opere per le quali dispongono di sempre meno personale. Spesso i confratelli si lasciano prendere da un’eccessiva frenesia delle opere e da un attivismo che svuota la loro vita spirituale e li rende deboli e maggiormente vulnerabili.

Oggi è un fatto comune parlare della complessità e pesantezza delle opere senza riuscire, nello stesso tempo, a creare delle strutture più agili e ugualmente efficaci ai fini della missione. La riconversione delle tradizionali forme in strutture più agili risulta spesso assai difficile e conflittuale: pensiamo ai “drammi” relativi alla fusione di provincie e di chiusura forzata di opere e comunità. Certamente l’assunzione di personale laico, volontario o professionale, per il mantenimento e funzionamento delle opere, sta diventando sempre più una realtà consolidata, ma c’è ancora tanta strada da fare. I cambiamenti urgono un ripensamento strutturale e, al tempo stesso, stimolano noi religiosi ad una maggior trasparenza e radicalità nel vivere il proprio carisma.

Il perché della ‘conversione pastorale’

Cercando di trovare soluzioni ai problemi pastorali, per la prima volta ad Aparecida (Brasile), nella Vª Conferenza Generale della CELAM, si è parlato non solamente del bisogno di ‘conversione personale’ per definire meglio la condizione del discepolo di Gesù, come una persona che per prima si sottomette alla signoria di Gesù e della sua Parola per poter diventare un suo ardente missionario.

Si incominciò infatti pure a parlare dell’esigenza della necessità di una ‘conversione pastorale’, per dire che le strutture e la burocrazia non possono prevalere sulla missione evangelizzatrice, che le programmazioni, pur necessarie, non possono affogare la spinta missionaria.

Questo ci fa capire che la ristrutturazione che ci si chiede non è fondamentalmente un atto amministrativo o giuridico, ma è un processo profondamente pastorale, perché significa renderci presenti in forma nuova dove siamo, più rispondente ai bisogni dei destinatari e per renderci presenti in campi dove finora non siamo stati e dove oggi è più rilevante la nostra presenza.

Non si tratta di ritirarsi o di ammainare le vele, ma del triplice e simultaneo processo di risignificazione, ridimensionamento e ricollocazione. Si tratta di imparare l’arte di morire e l’arte di vivere, lasciando andare ciò che deve morire, perché il nuovo possa germinare, fiorire e fruttificare. E questo è frutto dello Spirito, che strappa il cuore di pietra e trapianta un cuore di carne e così rinnova la faccia della terra.

La novità dello Spirito

La giovinezza e la perenne novità della Chiesa e dell’umanità sono frutto dell’Uomo Nuovo, il Signore Risorto, come racconta il Vangelo di Giovanni, che situa la venuta dello Spirito nello stesso giorno della Resurrezione di Gesù.

Alitando il suo Spirito, il Signore Gesù, l’Uomo Nuovo, dà ai discepoli la missione e la possibilità di essere uomini nuovi e di fare nuova l’umanità col perdono e la riconciliazione (Gv 20:19-23).

È stato proprio lo Spirito Santo ad impedire che la Chiesa restasse sinagoga, cioè luogo chiuso per eletti, per persone che non si riconoscono peccatori e non vogliono essere perdonati. Quella Chiesa, scaturita dal Cenacolo, è tentata sempre di rientrarvi e rinchiudervisi di nuovo. E’ tentata di non lasciarsi perdonare, di non avere il perdono come compito. Soprattutto quando fuori spira vento di contraddizione. E allora, ecco ricomparire i segni della paura: il piccolo gregge, anziché lanciarsi fuori, si rinchiude e si isola, senza nemmeno rendersi conto che non tutti coloro che premono lo fanno solo per abbattere una porta chiusa, ma anche per entrare. Solo lo Spirito può ridare coraggio ad ogni svolta della storia e della società. Solo Lui può spingere affinché ci mettiamo alla guida di itinerari verso nuovi traguardi per il regno di Dio e per l’uomo.

Ma lo Spirito dato da Gesù Risorto significa per noi anche un’altra cosa: è il marchio dell’identità, cioè della distinzione dal mondo. Guai se lo dimenticassimo, per cedere alla seduzione del mondo, della sua logica! Egli, lo Spirito, assicura la fedeltà della Chiesa a Cristo. Fa sì che la nostra causa col mondo sia e resti davvero «la causa di Gesù» («la verità»!) e non divenga una causa diversa.

Una vita cristiana, e a più ragione una vita consacrata, addolcita, imborghesita, senza slancio, rischia di diventare irrilevante, innocua. Non ha più niente da dire a nessuno. L’uomo d’oggi è un uomo distratto, disincantato, indifferente, abituato a tutto. Proprio per queste sue caratteristiche, va scosso vigorosamente con una testimonianza che sia particolarmente provocante per le sue abitudini.

Dobbiamo recuperare la dimensione «pentecostale, spirituale» della vita cristiana; dobbiamo ritrovare lo Spirito. Non mi preoccupa l’attuale crisi della Chiesa e della vita consacrata. Ciò di cui ho paura è di una vita cristiana e consacrata insignificante; e il cristiano non significa nulla, non ha nulla da dire; non dà fastidio a nessuno, quando non è spirituale.

La nostra fede, la nostra vocazione consacrata, non possono cedere alle soluzioni facili, ai compromessi, alle benevole concessioni, agli ammiccamenti equivoci, al gioco di equilibri, per rimediare ai vuoti. Non può rinunciare, ai suoi ideali e ridurre le proprie pretese (che sono poi quelle stabilite dal Cristo), arrivare ad amichevoli composizioni e a generose transazioni, pur di recuperare popolarità e infoltire le file. Appunto perché la rilevanza della fede oggi dipende dalla sua identità e non dal grado di accoglienza sociale, crediamo nella necessità di un impegno sempre più arduo in questa linea. Occorre giocare al rialzo e osare la chiarezza, ossia dire apertamente chi siamo, che cosa vogliamo, che cosa chiediamo, senza attenuare le pretese ed esigenze. 

Buongiorno sono il sole…

Pubblicato: 13 ottobre 2015 in Uncategorized
‪#‎labuonanotizia‬
13 ottobre 2015-Martedì-28.a tempo ordinario – IV
Liturgia: Rm 1,16-25; Sal 18; Lc 11,37-41
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+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre Gesù stava parlando, un fariseo lo invitò a pranzo. Egli andò e si mise a tavola. Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo.
Allora il Signore gli disse: «Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro».
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Buongiorno sono il sole…finalmente un uomo che ha coraggio, anzi due: il primo è Paolo che, nella prima lettura, esce fuori allo scoperto e osa: “Io non mi vergogno del vangelo”; l’altro è un fariseo incallito che sembra non curarsi dello sguardo sospettoso dei suoi colleghi e osa: io non mi vergogno di Gesù e lo invito a cena! gli apre la casa, gli sorride benevolo e impallidisce quando, invece che prendere la via del bagno per lavarsi le mani, Gesù si siede tranquillo a tavola. Il secondo uomo coraggioso però è Gesù non il fariseo, è Gesù che non si risparmia in risposte taglienti quando serve a diventare fantastici come vuole lui… caspiterina! Ma quando la capirete la lezione? Perché quello che insegno io a pochi interessa davvero? perché le mie lezioni sulla bellezza devono solo servire per accumulare debiti alla fine dell’anno? Mio Padre che ha disegnato un mondo bello, che ha fatto del suo Sogno il Segno del suo grande Amore, non guarda alle mani pulite ma al cuore. Io ho dato la mia vita per voi, ho dato tutto, mi sto lasciando trapassare mani e piedi dai chiodi per voi, mi lascio squarciare il costato per versare sangue e acqua per voi, il mio cuore è pieno di amore per ognuno di voi, do tutto me stesso per voi e voi? Voi guardate se mi lavo prima di mangiare, se faccio le migliori tecniche di purificazione prima dei pasti, se svolgo tutte le pie devozioni che, seppur belle, allontano da Dio perché sono forme esteriori che non arrivano al cuore. Vi alzate di buon mattino e siete bravi perché la preghiera deve permeare tutta la vostra giornata ma poi? come vi relazionate fra di voi, come state in famiglia coi vostri figli, con vostra moglie, con vostro marito? Io non amo le maschere che vi mettete ma amo un rapporto sincero che parte dal cuore. Non voglio che date in elemosina ciò che avete…di superfluo, ma quello che siete: meglio essere poveri davvero, meglio essere poveri di cuore svuotato dando tutto di noi stessi che ricchi di terra e di cose che lo riempiono soffocandolo…
Ciao belli

ANNO DELLA VITA CONSACRATA/6

Pubblicato: 12 ottobre 2015 in Uncategorized

di Pascual Chavez V., SDB

per continuare a leggere la Lettera scritta in occasione dell’Anno della vita consacrata…

6. Una Vita Consacrata all’insegna del cambio 

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Oggi è comune trovare molte e svariate letture sulla realtà e sul futuro della Vita Religiosa. C’è chi la dipinge valendosi di tre immagini: lo stare nel deserto, dove non c’è nessuno, come metafora per renderci presente con la nostra azione e la nostra testimonianza là dove non arrivano né lo stato, né la società; andare verso la periferia lasciando che altri stiano al centro e accettando di vivere spogliati di potere e privilegi; e raggiungere le frontiere, lì dove sia più necessaria una vita ed un agire più profetici. C’è chi gioca con le parole e pensa che la Vita Consacrata sia chiamata ora a centrarsi con radicalità in Dio, fonte della nostra identità, a concentrarsi nelle cose che sono essenziali, e decentrarsi uscendo verso le frontiere. C’è chi ne prospetta un cambiamento con l’immagine di un convento che passa dall’essere una fortezza chiusa ad essere un accampamento, aperto a tutti specialmente ai più poveri, con Religiosi inseriti tra di loro, impegnati nella scelta per la giustizia e la solidarietà, con uno stile di vita semplice, promuovendo una globalizzazione dal basso, partendo dai più poveri e dagli esclusi. Una vita religiosa con comunità che siano più focolari e meno albergo, con più comunione di vita e più fraternità, dando impulso ad una vera unità nella diversità, con i laici a fianco come compagni di missione.

Nella lettera post-sinodale Vita Consecrata, Giovanni Paolo II, valendosi della icona della Trasfigurazione, ne aveva disegnato il profilo parlando del Mysterium Trinitatis, per indicare la forte esperienza di Dio che è a fondamento della Vita Religiosa e ne costituisce la principale missione. Aveva poi presentato ilsignum fraternatis, per sottolineare che dietro ogni vocazione, c’è una convocazione e dunque la vocazione alla vita fraterna, di comunione, che è dunque un elemento essenziale della VC. Infine l’aveva connotata con il servitium caritatis, per sottolineare che è la missione che ci porta a fare nostra la passione di Cristo per il Regno di Dio, a uscire dalle nostre sicurezze, andare nelle periferie geografiche, culturali ed essistenziali, e venire incontro alla gente, specialmente gli ultimi, e condividerne le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce.

Nella Unione dei Superiori Generali, e più concretamente, a partire dal motto del Congresso Internazionale sulla Vita Consacrata del 2004, noi abbiamo voluto interpretare e promuovere la vita religiosa come una vita samaritana, caratterizzata da una grande passione per Cristo e da una grande passione per l’uomo.

La cosa più interessante è che, in fondo, pur con diversità di espressioni e di accentuazioni, tutti questi tentativi di definizione, che non sono un mero virtuosismo linguistico né una fantasia letteraria, tengono in conto i tratti principali della Vita Consacrata che la definiscono:

– La spiritualità.

In tutti gli istituti religiosi si sta facendo uno sforzo notevole affinché la Parola di Dio, in particolare il Vangelo, e l’Eucaristia siano veramente il centro della vita del consacrato e della sua comunità. Siamo convinti che la persona consacrata è memoria vivente e trasfigurata della dimensione trascendente che esiste nel cuore di ogni essere umano.

– La comunità.

Perché sappiamo che la testimonianza della comunione, aperta a tutti coloro che hanno bisogno, è fondamentale nel nostro mondo tanto sommerso nell’egoismo e nella solitudine. La Vita Consacrata, se vissuta in comunità, è già, in sé stessa, vangelo proclamato.

– La missione.

Una missione da realizzare e vivere inseriti ai “margini” della società e della chiesa, nelle posizione di ‘frontiera’, che non sono solamente geografiche, ma culturali ed esistenziali. Questo significa lasciare tutti gli spazi di privilegi e potere ed entrare decisamente e collocarci convintamente nel mondo dell’esclusione, della povertà, ma anche nei contesti sempre più secolarizzati, dove si tenta di cancellare Dio non soltanto dalle scelte politiche degli stati, ma soprattutto nel tessuto sociale e nella coscienza stessa delle persone, così come se si dovesse vivere facendo a meno di Dio. La missione, però, comprende anche la “passione” – intesa come sofferenza o impotenza – di tanti religiosi che continuano a pregare e ad offrire per la Chiesa e per gli operai della messe, come pure la “passione” come martirio di tanti religiosi incarcerati o trucidati a causa del Regno. Loro sono la migliore rappresentazione di Cristo Gesù che continua la sua passione nel mondo, attraverso la sua Chiesa. 

Buongiorno sono il sole…

Pubblicato: 12 ottobre 2015 in Uncategorized
‪#‎labuonanotizia‬
12 ottobre 2015-Lunedì-28.a tempo ordinario – IV
Liturgia: Rm 1,1-7; Sal 97; Lc 11,29-32
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+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre le folle si accalcavano, Gesù cominciò a dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato alcun segno, se non il segno di Giona. Poiché, come Giona fu un segno per quelli di Nìnive, così anche il Figlio dell’uomo lo sarà per questa generazione.
Nel giorno del giudizio, la regina del Sud si alzerà contro gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché ella venne dagli estremi confini della terra per ascoltare la sapienza di Salomone. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Salomone.
Nel giorno del giudizio, gli abitanti di Nìnive si alzeranno contro questa generazione e la condanneranno, perché essi alla predicazione di Giona si convertirono. Ed ecco, qui vi è uno più grande di Giona».
ph: Mao Fusina
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buongiorno sono il sole e proprio perchè sono il sole mi è venuta in mente una cosa. Pensavo che se il sole non ci fosse le nostre giornate sarebbero sempre nere e non vedremmo mai nulla sempre alla ricerca di un pulsante on/off da pigiare per dare luce, una luce artificiale ma che non illumina abbastanza i nostri passi ma molto il sorriso del Sig. Enel felicemente appagato da questo consumo. Il Signore Dio ha creato la luce e da quel giorno tutto esiste, ha dato la luce all’uomo per comprendere il senso di tutto il creato per quanto gli è dato di conoscere il resto è sospiro che ci arresta davanti a una porta con scritto ‘fede’. Da lì in poi si entra senza pretese, senza il bisogno di voler comprendere tutto ma solamente con la necessità della ricerca che ci muove quel tanto che basta a spostare il prossimo passo.
Voler a tutti i costi un ‘segno’ è cercare di controllare la gestione divina, l’unico segno che ci viene regalato è il Dito di Dio che riporta sempre la vita dell’uomo a misura del Cielo, è il Segno del Sogno di amore che si rivela nel quotidiano come una bella giornata che dall’aurora si rischiara piano piano in tutta la sua delicatezza e si illumina crescendo, sono le parole e i gesti di Gesù che nel Vangelo ci danno le regole del gioco per una partita vincente…a noi non è chiesto un ‘segno’ da parte di Dio per fargli vedere che siamo buoni figli, ma solo il metterci in vero ASCOLTO, cuore desto, orecchie attente e attesa perseverante perchè nella Parola che si fa Carne, il Figlio Gesù, il Padre ci dona ogni cosa e ogni buon segnale per il nostro cammino… non avrebbe senso volere di più, la nostra sia un’esistenza da amati in attesa dell’amante.
Ciao belli

ANNO DELLA VITA CONSACRATA/5

Pubblicato: 11 ottobre 2015 in Uncategorized

di Pascual Chavez V., SDB

per continuare a leggere la Lettera scritta in occasione dell’Anno della vita consacrata…

5. La Vita Consacrata, una riserva di umanità 

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Se la vita consacrata è l’anima della Chiesa e rappresenta una riserva di umanità e una terapia per questa società, allora quale vita consacrata è necessaria e significativa per il mondo di oggi? La risposta non può essere che quella di una vita religiosa mistica, profetica, serva, con radicalità evangelica sia personale che comunitaria, una vita perciò ricca di umanità e di spiritualità, sorgente di speranza per l’umanità. Tutti noi siamo chiamati a metterci su questa strada e a trovare le vie per esprimere, secondo la propria identità carismatica, come possiamo essere mistici, profetici e servi e, conseguentemente, riuscire a che ogni comunità lo sia.

La missione della vita consacrata ha uno specifico ruolo nella Chiesa e nel mondo: essere carismatica e profetica. Amo dire che la consacrazione stessa è già profezia, nella misura in cui testimonia l’Assoluto di Dio e i valori evangelici che, oggi più che mai, vanno contro corrente, in una società segnata dal secolarismo, dall’indifferenza religiosa e dall’ateismo pratico. I valori evangelici sono un rifiuto profetico degli idoli, che questo mondo ha fabbricato e propone all’adorazione dell’uomo. La vita consacrata, inoltre, è destinata a mettere sempre in questione quelle persone – i giovani in particolare, perché più a rischio – che si sono rinchiuse in mete puramente terrene, con un immanentismo infecondo perché senza futuro.

Per questo, quando è vissuta in pienezza e in gioioso ringraziamento, la vita religiosa è profezia delle realtà definitive, del destino finale di tutta la creazione, della storia e dell’universo. Si tratta di una profezia oggi più che mai necessaria, appunto perché la nostra epoca post-moderna si caratterizza per un tramonto delle speranze umane e una perdita delle utopie, condannando gli uomini all’inferno del pragmatismo, dell’efficientismo e della funzionalità, senza fede, né speranza, né amore.

La vita consacrata è un segno profetico quando rende presente, visibile e credibile il primato dell’amore di Dio e lo testimonia, con un forte senso di comunione e di fraternità, in uno stile di vita al servizio dei poveri e abbandonati del mondo che rattristano il panorama della società ed oscurano la presenza amorosa di Dio. Siamo consapevoli e convinti che «senza la fede, senza l’occhio dell’amore, il mondo è troppo cattivo perché Dio sia buono, perché esista un Dio buono».3 Il primato dell’amore di Dio preserva il consacrato dalla tentazione volontarista e perfezionista. Egli non s’impegna perché deveraggiungere una perfezione astrattamente intesa o il pieno controllo di sé. Il suo impegno e il suo sforzo quotidiano sono la forma attraverso cui egli risponde ad un amore, infinitamente più grande dei suoi atti e dei suoi sforzi. Poiché è stato ed è continuamente ed incondizionatamente amato, egli risponde con generosità. La radicalità, quindi, è sempre espressione della sequela. Il «va, vendi tutto» è stato pronunciato nel contesto di un incontro e di un dialogo che si apre con uno sguardo di amore («fissatolo lo amò») e si chiude con l’invito alla condivisione e alla compagnia («seguimi») (cf. Mc 10:21).

Il cuore del progetto della nostra vita di consacrati non è essere perfetti o essere radicali, ma essere «segni e portatori» di un amore che ha preceduto la nostra risposta, ci ha affascinati e fonda il nostro “sì”, per sempre (cf. Cost 2). Il test più sicuro per discernere tra volontarismo e sequela è la presenza della gioia.

Essa permette anche di valutare la qualità del lavoro e della temperanza.

Un’austerità triste e un impegno nel lavoro che cancella la serenità dal volto e spegne il sorriso sono il sintomo che qualcosa è da rivedere. Questo tocca profondamente anche il “volto” di una comunità: una comunità gioiosa è un chiaro ed evidente segno di “buona salute” vocazionale che la rende “attrattiva” e accogliente. È questo uno degli aspetti cui sono più sensibili le nuove generazioni. 

Buongiorno sono il sole…

Pubblicato: 11 ottobre 2015 in Uncategorized
‪#‎LABUONANOTIZIA‬
11 ottobre 2015
28.a Domenica T.O.
Liturgia: Sap 7,7-11; Sal 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30

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+ Dal Vangelo secondo Marco
[In quel tempo, mentre Gesù andava per la strada, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre».
Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!». Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni.
Gesù, volgendo lo sguardo attorno, disse ai suoi discepoli: «Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!». I discepoli erano sconcertati dalle sue parole; ma Gesù riprese e disse loro: «Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio! È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio». Essi, ancora più stupiti, dicevano tra loro: «E chi può essere salvato?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio».
Pietro allora prese a dirgli: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Gesù gli rispose: «In verità io vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
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Buongiorno sono il sole!
C’è il Signore che cammina nella storia dell’uomo e c’è un giovane entusiasta che gli corre incontro, che vuole sapere come si entra nella vita eterna, lo fa con un cuore grande buttandosi in ginocchio e implorandogli di dirgli il segreto prima che entri in paese e lo possa raccontare agli altri.
Gli corre incontro il ragazzo, corre con tutto l’ardore di chi sa che è perfetto per il regno dei cieli, chiama Gesù buono forse per dirlo a se stesso, ma Gesù con tenerezza indica chi è il vero Buono, Buono è Dio che ha consegnato a Mosè le indicazioni per una vita buona e che il giovane dal cuore grande, tutto di corsa e ansioso di facili conquiste conosce a memoria, come quando da piccoli si faceva la conta delle figurine panini con quel “celo celo mi manca celo…” ed eravamo bravi quando l’album si completava prima degli altri…così il giovane che corre è sicuro di sé: “dai Gesù, ora che la tessera è completa come si riceve la vita eterna?”. A Gesù il ragazzo è simpatico e sa che può molto di più di quello che lui crede, sa che solo chi incontra il su sguardo può far durare le scelte per sempre e lo fissa, lo ama e lo consegna a un di più di vita, a un passo in più nella fede. Chi non fissa gli occhi negli occhi di Gesù poco a poco crolla e non dura ed è proprio la triste storia della corsa finita male del giovane impetuoso.
Gesù ha sempre uno sguardo positivo su di me e mi ama, ama e chiede, chiede perché mi ama e amandomi propone un di più: lascia le tue ricchezze e….e qui finisce la musichetta da film romantico, quelle colonne sonore che ti fanno sognare i mondi fantastici e irreali, dove va tutto bene ed è bello, la musica si stoppa perché al giovane quel di più pesa, Gesù non chiede di lasciare tutto e basta ma chiede di condividere tutto per ricevere il TUTTO, il BUONO, il VERO. Il giovane è venuto correndo e se ne va con una smorfia di tristezza sulle labbra e le lacrime sulle pupille, a passo lento e strascicante, che sente tutta la pesantezza della polvere sui piedi, lui col cuore ancora attaccato alla terra, col cuore pesante di chi non è stato capace di svuotarsi e alleggerirsi per il regno dei cieli.
Gesù, il Signore che cammina nella storia dell’uomo, non condanna chi è ricco ma esalta chi è povero, Gesù ama il giovane che corre, lo guarda, fissa su di lui il suo sguardo, lo ama perché in lui vede una grande possibilità di crescita… il giovane che corre voleva stima ma perde l’appuntamento, nella sua corsa arriva tardi e perde l’incontro vero!

di Pascual Chavez V., SDB

per continuare a leggere la Lettera scritta in occasione dell’Anno della vita consacrata…

4. Testimoni della radicalità evangelica 

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L’essere “testimoni della radicalità evangelica” è un invito rivolto oggi a tutta la Vita Consacrata, chiamata appunto a centrarsi su Cristo di modo che sia davvero la ‘regola suprema’ di tutti i consacrati, il che vuol dire avere “la sua mente” (1 Cor 2:16) e “il suo cuore” (Rom 8:5), i “suoi sentimenti” (Flp 2:5), pensare come Lui, amare come Lui, reagire come Lui, guardare le persone come Lui, compatire come Lui, essere compassionevole e misericordioso come Lui, soffrire con Lui. Questo ci porterà alle radici del Vangelo, e farà di noi consacrati Vangeli viventi.

Il tema della radicalità evangelica può essere ben illustrata dal prendere in considerazione una prospettiva semantica ed etimologica. In effetti, la parola radicalità ha a che vedere con radice, con radicamento e ovviamente con radicalità. Per comprendere meglio le cose ci possiamo servire dell’immagine della pianta e del seme.

La stabilità e saldezza della pianta ci dicono che un albero senza radici si seca o cade (in questo senso, è analoga – non uguale – alle fondamenta di una costruzione);

La vitalità, giacché i nutrienti della pianta vengono soprattutto dalla radice (non solo, evidentemente: ci sono anche l’aria, il sole, ecc.)

– Il carattere di “interramento”, di stare sotto terra, “nascosta”.

In questo senso, c’è un paradosso molto interessante nell’espressione stessa: “testimoni della radicalità evangelica”:testimoni parla di una manifestazione pubblica, parla quindi di visibilità, di “sacramentalità”; invece, paradossalmente, la “radicalità” allude precisamente a ciò che non si vede, a ciò che è nascosto, “seppellito”.

Credo che sovente, parlando di radicalità, si parte già di una eventuale semantica della parola, con il significato di incondizionalità, di assoluta fedeltà, senza compromessi, essere “di un solo pezzo”, ecc., dimenticando il significato etimologico.

Per esempio: che cosa significa quando si parla di un ‘partito radicale’? Ci si fa cenno etimologicamente a un ‘tornare alle radici’ (marxiste, o maoiste, o qualunque cosa sia), o piuttosto a non volere sapere nulla di patti con altri correnti ed indirizzi politico-sociale? Mi sembra che sia piuttosto questo secondo.

A volte, c’è anche la tendenza ad identificare la radicalità con la perfezione o la ricerca di essa, ma non è così: da una piccola pianta e, a più ragione, da un seme appena piantato in terra non ci si attendono dei frutti, bensì che mettano radici, buone e profonde. A chi vuole entrare nella vita nella vita religiosa, in genere, non gli si può domandare che sia “santo” (purtroppo, a volte neppure dopo tanti anni di vita consacrata): se non che siaradicale nelle sue scelte. Credo che questo abbia le sue implicazioni per la formazione, in primo luogo per la tappa della formazione iniziale, nella quale io accentuerei due aspetti in questa linea: la profondità (tipica della radice) di vita, remando contro corrente di nostra cultura, che accentua più l’estensione, inevitabilmente superficiale, e una virtù assai dimenticata nel nostro tempo, forse perché sovente è stata malintesa: l’umiltàche, molto significativamente, viene da humus…: humus e radice sono inseparabili. Altro non è la “vita nascosta in Cristo”, della quale, e solo della quale, può sbocciare la fecondità (i frutti!) apostolica. 

Buongiorno sono il sole…

Pubblicato: 10 ottobre 2015 in Uncategorized
#LABUONANOTIZIA
10 ottobre 2015
S. Cerbone, Patrono di Massa Marittima – Piombino
27.a tempo ordinario – III
Liturgia: Gl 4,12-21; Sal 96; Lc 11,27-28
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+ Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, mentre Gesù parlava, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: «Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!». Ma egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!».
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buongiorno sono il sole…hmmmm va beh…sole e pioggia, se no poi è gelosa.
Una donna si alza e urla mentre Gesù sta parlando.
I. E’ maleducata
II. E’ pazza
III. E’ donna
E’ maleducata perchè a casa mia se uno parla, e magari si chiama Gesù, non lo si interrompe ma sarebbe bene ascoltarlo;
è pazza perchè s’è messa contro una folla di insolenti che stanno facendo a gara per accusare Gesù di essere un indemoniato;
è donna e in quel tempo la donna non contava proprio nulla e questi insolenti di cui sopra potrebbero anche trucidarla se non la smette… ma a me questa donna coraggio piace e piace anche tanto perchè osa, perchè sente dentro di lei la forza di urlare a tutti che Gesù è la bontà, è la bellezza, è l’unica occasione di salvezza, che Gesù è l’esatto opposto di questa folla svuotata di senso. Mi piace questa donna che indica che in Gesù è la benedizione e urla a tutti quel BEATO IL GREMBO… beato il grembo che ha accolto il Verbo, che l’ha portato per 9 lunghissimi mesi e che l’ha messo al mondo, l’ha consegnato a tutti noi, anche a questa folla che lo accusa.
Gesù corregge il tiro con un sorriso e la benedizione da Maria arriva a tutti coloro che come Maria si mettono in ASCOLTO della PAROLA e la OSSERVANO…ed è BEATITUDINE!
ciao belli