Archivio per settembre, 2021

#LABUONANOTIZIA
26 settembre 2021 – IV Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore – Rito ambrosiano 
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VANGELO Gv 6, 41-51
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. I Giudei si misero a mormorare contro il Signore Gesù perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?». Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo»


Buongiorno sono il sole, rito ambrosiano e un vangelo che sa di pane. Un Dio buono come il pane che ci nutre solo perchè ha bisogno di farlo, solo perchè vuol farci camminare e ci chiede di farci pane a nostra volta diventando sempre più belli, buoni e misericordiosi.

Un bambino nel grembo della sua mamma vive se attaccato al cordone ombelicale, quando la madre lo mette al mondo, quando lo dà alla luce si attacca al seno, man mano cresce e impara a masticare nutrendosi di cibo ed è questo che Gesù fa con noi: ci mantiene in vita noi facendosi Lui stesso Pane e Parola che si offre ogni giorno perchè che noi mangiamo e mastichiamo per vivere.

«E il pane che io darò…». 

È un dirsi e darsi all’infinito che ci riporta in quel Cenacolo con gli apostoli nell’ultima cena, dove ha preso il pane dicendo: «Questo è il mio corpo dato per voi».

Il suo Amore non è solo per quel voi della consacrazione che piace tanto, è per tutto il mondo, per la vita del mondo. È buon pane, pane buono e ce lo darà perché noi possiamo vivere in eterno.

È fare come Maria che mette al mondo Figlio dicendo: Ecco il suo corpo dato per la vita del mondo!  Lo stesso gesto che fa il sacerdote alzando l’Ostia consacrata per invitarci a lasciarci trasformare da quel Pane che ci dà per vivere di Lui: credere significa avere la vita eterna, vivere la vita dell’Eterno e non qualcosa che ci capiterà alla fine se tutto va bene. Vita eterna che è già iniziata, che si accende quando diciamo di credere. Che si accende quando scegliamo di seguire Gesù.

Vita eterna che si accende, soprattutto, quando abbiamo paura e Lui resta l’unica mano sicura alla quale aggrapparci, quando andiamo a fare la Comunione consapevoli che quello è quel Pane vivo che Lui ci darà per la vita del mondo, per me, per te e per tutti quelli che Lui ama, consapevoli che quel Pane è la reale presenza di Cristo offerta a tutti per tutti. Ciao belli

 

 

 

 

 

 

 



 

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#LABUONANOTIZIA
26 SETTEMBRE 2021 – XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – RITO ROMANO – ANNO B

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Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,38-43.45.47-48

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».


Buongiorno sono il sole, la buona notizia in questa XXVI domenica nel rito romano, è un bicchiere di acqua, segno splendido quanto semplice di un buon atto di servizio fatto e dato con amore. Gesù oggi ci dice che, se diamo un bicchiere di acqua nel suo nome, cambia tutto.

Talvolta capita che chiediamo alle persone non di seguire e servire il Signore ma di seguire noi e questo bicchiere ci fa vedere tutto in un’ottica nuova facendoci capire anche le intenzioni che ho nel dare le cose. Posso dare qualcosa a qualcuno per legarlo a me, o posso dare qualcosa a qualcuno per amicizia, perché sono sola e ho bisogno di affetto, oppure posso anche dare qualcosa a qualcuno perché è figlio di Dio, perché mi è fratello o sorella.
Quindi, la stessa azione, la posso fare per egoismo, per avere più amici, o per amore vero! Questo bicchiere è importante perché ci fa verificare l’intenzione e in quello la ricompensa. Cosa cerco?

Tante volte sento dire dalle persone: l’importante è fare il bene! Sì, ma qual è il nome del bene?

Il bene non è una cosa, il bene è una persona precisa con un Volto preciso e questa persona è Gesù. Noi invece, a volte, agiamo per essere visti, per metterci in mostra e sentirci dire: ah! che bravo, se non ci fosse lui, oppure, senza di lei non ce l’avremmo fatta a far bella figura. Altre volte andiamo avanti per quella punta di orgoglio che ci giustifica, ma anche per quel senso di colpa che abita perennemente dentro di noi, come se volessimo risarcire chissà quale debito. Al centro ci sono sempre io, solo io, nient’altro che io, insomma, le mie decisioni, le mie autorealizzazioni, i miei progressi.

Ma la buona notizia è proprio qui dove la mia realizzazione si fonda su un gesto piccolo come il dare un bicchiere di acqua nel nome di Gesù. Sono questi gesti quotidiani, semplici, minimi come minimo è il vangelo, a rivelare la mia verità più profonda. Perché, diciamocelo, i gesti eclatanti li fanno tutti, i gesti grandi danno soddisfazione, creano stima, suscitano applausi. I gesti minimi, quelli del servizio, che a volte neppure nessuno vede, sono quelli che mostrano il vero amore, l’amore delle piccole cose, l’amore delle delicatezze verso l’altro, l’amore di quelle piccole attenzioni, l’amore di una carezza o di un sorriso, l’amore in tutti quei gesti minimi che, fatti nel suo nome, non sono più minimi.

Ogni tuo gesto è importante nella misura in cui poni nella verità la tua intenzione, quello che fai e il fine per cui lo fai: il fine è Dio è Padre, l’altro non solo è un fratello e una sorella ma è figlio in Cristo come me e allora la mia realizzazione è amare Dio, come Dio.

E un buon bicchiere di acqua fresca nel nome di Gesù può cambiare seriamente le cose…e accipicchia che ricompensa! Ciao belli

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19 SETTEMBRE 2021 – XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO B

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,30-37

 
In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo.
Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».
E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato»

Buongiorno sono il sole, ci eravamo lasciati domenica scorsa con un Pietro troppo lontano dalla logica del regno, lontano da quello che Gesù porta nel cuore e oggi Gesù ci riprova con gli altri, ci riprova con noi che tentiamo un ascolto incerto e mentre lui parla di quello che gli dovrà accadere discutiamo su chi fa il premier, su chi deve comandare, sulle competenze e i primi posti. Ieri aveva ribadito il concetto dell’ascolto e oggi già si inciampa meschini.

Ci eravamo lasciati domenica scorsa con un Pietro troppo bravo nelle risposte immediate, quelle belle che sanno del giusto del vangelo, con una professione di fede grandiosa che, ancora oggi, anche noi fieri proclamiamo alla messa, ma era una questione di petto più che ‘de core’ dove Pietro non era stato capace di ascoltare e, nella sua foga di essere il primo della classe, aveva ricordato al Maestro che non doveva né soffrire né morire lasciando perdere tutte quelle parole che sanno di resurrezione.

Ci eravamo lasciati domenica scorsa con Gesù in un misto tra l’irritato e il basito che chiedeva, a chi volesse seguirlo, di resettare la vita reimpostandola a misura di Figlio di Dio, prendendo su di sé quel pezzo di croce che è la volontà quotidiana, né più né meno, e seguirlo.

Oggi Gesù quei bischerelli dei 12 apostoli se li porta in giro con sé ribadendo il concetto della consegna, della morte e della resurrezione, ripete le stesse identiche parole di domenica scorsa, sicuro che dopo una settimana di insegnamenti, guarigioni, carezze, abbracci, sguardi buoni, capiscano la sua missione e, invece, no! hanno paura di sbagliare, proprio come quei bambini che sono terrorizzati dalla maestra cattiva e hanno così paura di far brutta figura che stanno zitti.

Gesù oltre ad essere deluso li sente pure bisbigliare borbottando e con tenerezza domanda: ragazzi miei di cosa discutevate per strada?

Silenzio.

Lui che sa cosa c’è dentro il cuore di ogni uomo, sa che loro puntano a incarichi importanti e rovescia la loro logica a partire da un bambino, chiede di capovolgere mente e cuore e fare come lui: vuoi essere il primo? va in fondo alla fila e vedi il primo da un’altra prospettiva, guarda tutti quelli che hai davanti e vedi i loro bisogni, togliti la veste bella, spogliati delle tue certezze, mettiti un bel grembiule e inizia a servire i tuoi fratelli, abbracciali con la stessa tenerezza con cui io abbraccio questo bambino, fai come me, trova il bambino che c’è in te e ritorna ad essere umile, piccolo come piace a me, svuotati di te stesso e vieni con me.

Vuoi essere il primo?

Vuoi essere il più grande?

vuoi essere il premier?

Seguimi.

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19 SETTEMBRE 2021 – III DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE – RITO AMBROSIANO
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VANGELO Gv 3, 1-13
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Vi era tra i farisei un uomo di nome Nicodèmo, uno dei capi dei Giudei. Costui andò dal Signore Gesù, di notte, e gli disse: «Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui». Gli rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio». Gli disse Nicodèmo: «Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall’alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Gli replicò Nicodèmo: «Come può accadere questo?». Gli rispose Gesù: «Tu sei maestro d’Israele e non conosci queste cose? In verità, in verità io ti dico: noi parliamo di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza. Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo? Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo».


Buongiorno sono il sole in questo tempo ambrosiano ci viene a trovare il famoso Nicodemo, noto fariseo, capo dei giudei, ​facente parte della schiera degli ipocriti, quelli che gli garba​ apparire giusti davanti a Dio e davanti agli uomini​ senza amare​ né Dio né gli uomini. ​
Nicodemo è uno di quegli uomini zelanti​, ​ pi​i e devot​i, che conoscono bene la religione, la praticano da puntigliosi, senza permettersi il lusso di tradirla in qualche didascalia inopportuna. Loro non sbagliano mai.
In sostanza, il fariseo, ​pensa di essere il migliore in fatto religiosità popolare, va in giro stirato e inamidato, sente di poter e dover fare il massimo che l’uomo possa fare per Dio senza capire che forse Dio quel massimo non lo chiede affatto se si tratta di sacrificare la vita dicendo con tanta semplicità: « Io ​non voglio il sacrificio, io voglio che tu viva». ​
Nicodemo oggi arriva e ci dice questo capendolo lui in prima persona: se Dio ci avesse dato la vita per prendersela poteva tenersela, perchè Dio ci dà la vita per la gioia, per godere il suo amore, per fare belle esperienze e vivere grandi avventure. Dio ci ha dato la vita per amarci gli uni gli altri, per lasciarci amare e scoprire che siamo meglio di come pensiamo di essere.
Nicodemo è lì che ci aspetta per insegnarci quello che lui ci ha guadagnato da quell’incontro notturno. Va da Gesù di notte non per paura ​perché sarà lui poi che lo difenderà e con Giuseppe di Arimatea si prenderà il corpo per metterlo nel sepolcro, va da Gesù di notte ​​proprio perché è un uomo della Legge che non è ancora venuto alla luce, come un bambino nella pancia della mamma, non è ancora venuto al giorno, non è ancora nato. ​
Nicodemo va da Gesù di notte e gli dice​: ​«Rabbì, sappiamo che sei venuto da Dio come maestro; nessuno infatti può compiere questi segni che tu compi, se Dio non è con lui»​. ​
Ha capito tutto perché in due balletti afferma una verità immensa: «Dio ti ha mandato, tu sei la promessa»​. ​Ma allora? c’è bisogno di andare di notte? Nicodemo ​è intelligente e sveglio e sa che sarebbe dovuto venire il Messia ma, secondo la mentalità vigente, Il Messia veniva per sterminare i malvagi e premiare i buoni e qualche dubbio Nicodemo in cuore ce l’ha ancora. Non sarà così?
Gesù accarezza i suoi dubbi lo spiazza ​un’altra volta: «​Nicodemo mio, non è per la tua Legge che entrerai nel Regno, perché nel Regno c’è un Padre ed entra solo chi si fa figlio e non osservando rigorosamente tutti i precetti, eliminando i cattivi dalla faccia della terra ma vivendo nella semplicità dei figli di Dio, vivendo il tuo battesimo che ti fa rinascere a una vita bella, buona e beata»​.
Nicodemo cosa farà? lo lascio dire Jan Twadowski e ve lo regalo come impegno.

Non sono venuto a convertirla, Signore,
del resto tutte le prediche sagge mi sono uscite di mente.
Da tempo ormai sono spoglio di splendore
come un eroe al rallentatore.
Non le farò venire il latte alle ginocchia
chiedendo cosa ne pensa di Merton
e discutendo non la rimbeccherò come un tacchino con la goccia rossa al naso.
Non mi farò bello come un germano reale ad ottobre,
non le verserò all’orecchio la teologia col cucchiaino.
Mi siederò soltanto accanto a lei
e le confiderò il mio segreto:
che io, un sacerdote credo a Dio come un bambino!

Nicodemo cambierà, si fa figlio e dalla notte della legge entra nella luce dei figli di Dio, possa il Signore trovare anche il nostro cuore accogliente e con la folle voglia di cambiare.

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12 settembre 2021 – II Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore – Rito ambrosiano



VANGELO Gv 5, 37-47
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni

In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Anche il Padre, che mi ha mandato, ha dato testimonianza di me. Ma voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto il suo volto, e la sua parola non rimane in voi; infatti non credete a colui che egli ha mandato. Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me. Ma voi non volete venire a me per avere vita. Io non ricevo gloria dagli uomini. Ma vi conosco: non avete in voi l’amore di Dio. Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi accogliete; se un altro venisse nel proprio nome, lo accogliereste. E come potete credere, voi che ricevete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene dall’unico Dio? Non crediate che sarò io ad accusarvi davanti al Padre; vi è già chi vi accusa: Mosè, nel quale riponete la vostra speranza. Se infatti credeste a Mosè, credereste anche a me; perché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?».


 

Buongiorno sono il sole, la buona notizia oggi, in questo rito ambrosiano, è la testimonianza. La cosa più importante che ognuno di noi cerca nella vita è sentirsi amati e, a volte, si fa di tutto pur di elemosinare affetto. D’altra parte, essere figli amati è bellissimo, già il dire queste parole crea morbidezza nel pensiero. Essere figli è stupendo ma sentirsi figli amati dà tranquillità e allarga il viso al sorriso. Così come, al negativo, non sentirsi figli e non sentirsi amati non fa più andare avanti nella vita e ci butta nella disperazione. Figli amati è la firma di Dio, ed è questa la testimonianza che il Padre dà di suo Figlio.
Sta a noi ascoltare la voce del Padre perché è solo così che questa testimonianza attecchisce nel cuore e porta frutto, come la vite nei tralci, sta a noi ascoltare la sua voce e cercare di vedere il suo volto perché è solo così la testimonianza può muovere il nostro cervellino nel darsi da fare perché l’intelligenza che ha dentro sia aperta ad accogliere invece che ostinarsi a chiudersi nel pregiudizio che non fa capire.
Solo così la testimonianza può muovere il cuore per darsi da fare in un amore creativo oltre che oblativo.

Siamo cercatori di Dio, siamo cercatori del volto di Dio, mettiamola da parte la nostra incredulità, il nostro non amore, cerchiamo la gloria che viene da un Dio in ginocchio a lavare i piedi, ad accarezzare le ferite, ad abbracciare il dolore, non cerchiamo la gloria che viene da mire di onnipotenza e che ci fa sempre stare un gradino più su degli altri perchè chi non ama, non capisce. Il motivo della nostra incredulità nasce dal non amare: chi non ama, non capisce.
Abbiamo da far lavorare cervello e cuore per amare, per avere il cuore libero nell’amore, capace di dare libertà invece che uccidere, di trovare parole belle invece di giudizi sprezzanti, capace di mitezza invece che onnipotenza, convinti che è l’umile l’uomo felice e non l’arrogante.

Chiamati a diventare figli amati con sogni di gloria, che puntino in alto, quella gloria-sogno del Padre che ci dà come testimonianza, la gloria del Signore Gesù Cristo: la gloria di chi ama, la gloria di chi sa servire e dare la vita perché servire è regnare

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12 settembre 2021 – XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B 

Dal Vangelo secondo Marco
Mc 8,27-35
 
In quel tempo, Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo, e per la strada interrogava i suoi discepoli dicendo: «La gente, chi dice che io sia?». Ed essi gli risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
Ed egli domandava loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro gli rispose: «Tu sei il Cristo». E ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno.
E cominciò a insegnare loro che il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto, ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere.
Faceva questo discorso apertamente. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo. Ma egli, voltatosi e guardando i suoi discepoli, rimproverò Pietro e disse: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini».
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà».


 Buongiorno sono il sole, dopo tutti questi giorni in cui Gesù si è messo in gioco guarendo, insegnando e beneficando tutti, dando sé stesso come Pane di vita e rischiando grosso perché guariva anche in giorno di sabato ora fa un test ai suoi apostoli: «La gente, chi dice che io sia?».
Non fanno giri di parole, hanno raccolto informazioni e ne fanno rapporto da bravi e diligenti scolari:  «Giovanni il Battista; altri dicono Elìa e altri uno dei profeti».
A Gesù però interessa il cuore, interessa il nostro capire, interessa la nostra risposta, la nostra professione di fede:
«Ma voi, chi dite che io sia?».
Sembrerebbe una domanda facile, in fondo, noi Gesù lo amiamo e saremmo disposti a tutto per lui. Ma il Dio che conosco io, se arriva a una domanda così, la mattina della domenica, è perché da me vuole coerenza, vuole la risposta vera, vuole che la mia fede cresca attraverso queste domande. Oggi la Buona Notizia parte da questo: ma voi?

Voi che siete nati dal cuore del Padre in una di queste notti di preghiera, voi che siete stati scelti dopo che avete visto miracoli, voi che avete deciso di seguirmi dopo che ho guarito tanta gente, voi ai quali ho insegnato la piccolezza e l’umiltà, voi che avete lasciato reti, casa e barche per stare con me, voi che mi avete visto sorridere, piangere, respirare, moltiplicare il pane, voi chi dite che io sia?
Pietro con il cuore traboccante se ne esce con la risposta vera, bella, giusta: «Tu sei il Cristo».

Ma Gesù, che è una fede in cammino, vuol far capire chi veramente è il Cristo e dice la verità, si mette a insegnare a tutti, anche agli altri 11 che sono in silenzio alla ricerca della risposta show come quella di Pietro, dicendo apertamente che il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, venire ucciso e poi risorgere. Lo dice col cuore in mano Gesù, ma questa è la sua missione.

Soffrire molto. No! noi questo non ce l’aspetteremmo mai da Dio, Lui è onnipotente non può soffrire, Lui è esente dalla sofferenza, non è come noi, Lui è il vincente, Lui i problemi se li risolve sul nascere, noi non possiamo credere a un Dio che deve soffrire molto, noi abbiamo bisogno di un Dio che i problemi ce li risolva, che a monetina su candela cercolavoro il lavoro me lo trova. Noi vogliamo un Dio così, non uno che si fa uccidere, che vince attraverso la debolezza, che si rivela nell’amore, che dà la vita con la morte, che si fa riconoscere appeso in croce come disarmato amore posto in alto a spezzare se stesso per noi come il pane sull’altare alla messa.

Ecco perché Pietro è chiamato Satana, perché sta conducendo i suoi fratelli lontano dalla logica di Dio, di un Dio che prima della croce ha bisogno di chinarsi a lavare i piedi ai suoi, di un Dio che si mette in ginocchio davanti a me, sui miei piedi, ad accarezzare le ferite delle mie vesciche nate dallo star dietro, passo passo, a un Dio che cammina con la croce sulle spalle, massacrato dal dolore e che lascia che l’uomo gli faccia tutto quello che deve fare, lascia che l’odio si scateni fino all’ultimo chiodo e poi muore per risorgere, per far vedere dove è la vittoria di Dio…
Racconta questo Gesù e poi chiede ancora: chi sono io per te?
Attorno a questa domanda si gioca la fede di ciascuno e, come Pietro, siamo chiamati ad amare questa domanda. Io cerco di amarla, ogni volta do una risposta diversa, ma oggi credo di aver percepito un pezzetto in più di quella giusta:
Tu sei per me il mio nuovo inizio,
il mio nuovo nome, 
figlia bella e scelta perché amata.

Ciao belli

#LABUONANOTIZIA 5 SETTEMBRE 2021 XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO B

Dal Vangelo secondo Marco Mc 7,31-37 In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».


Buongiorno sono il sole. Buona domenica, la domenica dell’«Effatà», del lasciarsi aprire bocca e cuore per narrare la bellezza di Dio. Gesù continua a guarire non per dimostrare di essere sensazionale ma per dire tutto quello che vorrebbe fare con ognuno di noi e quel qualcosa dentro che ci blocca, con ognuno di noi che non sa più ascoltare né comunicare con gli altri in un sereno dialogo. Questo Vangelo è per me, sorda alle iniziative di Dio e muta nel mio narrare le sue meraviglie. Per me che vorrei ascoltare Dio e gli altri ma non imparo ad ascoltare. «E gli condussero un sordomuto». Gesù lo porta in disparte, per stare solo con lui e, in questa solitudine, in questo a tu per tu, avviene il miracolo fatto di tocchi delicati e nuovi, di mani che ricreano allo stesso modo in cui il Padre fece l’uomo, diti e silenzio, mani che riplasmano l’immagine di Dio nell’uomo, carezza sugli occhi, sul naso, sulle orecchie e sulla bocca alla scoperta dei sensi per ritrovare colori, sapori, gusti, odori e un modo nuovo di toccare le cose. Piano piano quell’uomo comincia a guarire e sono io quell’uomo tra le sue mani, sono io che mi scopro nuova, diversa, che scopro persone accanto, scopro il dolore che c’è nel mondo. Ma manca ancora la password, la Parola che salva e che mi fa accedere a un nuovo modo di vivere, così, come nel giorno del battesimo: «Effatà», «Apriti». Apriti, cara creatura, come una porta che accoglie chi entra, apriti come una finestra che prende aria nuova da fuori, apriti come una fessura che prende tutta la luce che c’è, apriti, non stare più chiusa in te stessa, apriti e contempla le meraviglie, canta la gioia di essere nuova creatura. Gesù è felice della mia guarigione e non fa nulla per avere qualcosa in cambio, non vuole pubblicità, non gli interessa una propaganda del miracolo, anzi comanda di non dirlo a nessuno. A Gesù basta la mia gioia nell’essere stata guarita più del mio grazie, vuole che io sia felice, nulla di più. Questa domenica ci chiama ad aprirci, ad accogliere la Parola di Dio, per imparare a vedere bene e capire la verità di ciò che Dio ha seminato in noi, la verità di quello che vediamo e il senso vero delle cose che viviamo, ad ascoltare col cuore, obbedire alla Parola, contemplare le meraviglie di Dio e cantare la gioia di essere felici, aperti ad ogni novità che accade cambiandoti la vita. Ciao belli