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#LABUONANOTIZIA
IV domenica di quaresima – Anno A  – Laetare 

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VANGELO Gv 9,1-41

In quel tempo, Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe», che significa “Inviato”. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.
Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, me lo ha spalmato sugli occhi e mi ha detto: “Va’ a Sìloe e làvati!”. Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: “Noi vediamo”, il vostro peccato rimane».


Buongiorno sono il sole, quarta domenica di quaresima, la domenica laetare, dal sapor di letizia, gioia, di sorrisi, felicità e così s’ha da essere gustata se si vuol tornare a vedere la luce.

Dal Pozzo di Sicar alla piscina di Siloe è un attimo e la donna che torna a casa riconciliata lascia il passo a un non vedente che torna a vedere, posti diversi con persone diverse ma dove l’acqua è sempre al centro, le parole sono balsamo per il cuore, l’anima e gli occhi e dove c’è possibilità di salvezza per tutti e per sempre.

C’è tanta gente a Siloe quel giorno, un mare di gente che si è accorta che Gesù è entrato in città, tutti fissi su di Lui mentre posa il suo sguardo sul cieco, quasi attirato dal suo essere immobile e non vedente, fissa gli occhi di un uomo che non può fissare i suoi e dà il via ad un rituale fatto di gesti e silenzio per riportare bellezza in un uomo che non esisteva più per nessuno, perchè la bellezza lo ri-guarda. Tutto parte da uno sputo per terra, con la saliva modella il fango che spalma sugli occhi e finire con un invito a lavarsi con l’acqua della piscina. Gli attori non protagonisti è tutta gente che mormora, perennemente gelosa del bene che fai, che resta a fissare ogni tuo movimento per vedere se sbagli, sguardi maliziosi che si spostano da Gesù al cieco mentre obbedisce con naturalezza ad un comando. Va, poi torna e ci vede, accompagnato dal mormorio misto a rabbia, persone che invece che farsi acanto nel suo dolore insinuano il dubbio che quello non era cieco oppure è uno che gli somiglia.

La cosa bella è che il cieco a Gesù non aveva chiesto nulla, non lo conosceva neppure, sa solo che prima non ci vedeva e adesso ci vede: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Ma loro insistono: perché a te che sei un barbone? Insistono anche coi genitori perché se la mela è marcia dipende dall’albero, genitori che delegano al figlio aumentando la rabbia negli interlocutori, ciechi più del cieco si tormentano per una cosa talmente chiara da non aver bisogno di essere spiegata. A quest’uomo tornato a vedere non interessa nient’altro e non deve giustificare la gioia a nessuno perchè, quando per la bellezza di vedere nel modo giusto le cose ci si accorge con stupore dei doni che si ha non c’è altro di cui temere, la salvezza non è solo di chi la chiede ma anche di chi la riceve gratis.

Al cieco che ora vede, che si accorge di come è fatto non interessa altro che guardare nel dettaglio quel volto, un volto che lo ri-guarda, mani che accarezzano, sorrisi che fanno bene, piedi che camminano nella storia dell’uomo e mai si fermano, un mondo colori che non è sfocato. C’è un volto che ti guarda e ti ri-guarda, non abbassa lo sguardo come faremmo noi per interrompere lo spazio della relazione con l’altro. C’è un volto che ti ri-guarda e la tua stessa vita ti ri-guarda perchè tu possa prendertene cura. C’è qualcuno che cerca il tuo sguardo, un volto ti ri-guarda e ri-dona vita, torna a fare un dono alla tua vita per scoprire la vita come dono, continua scoperta di un Dio che non è ripetitivo ma generoso: è tempo per accorgersi, lasciarsi guardare per incontrare Dio e vederci meglio.

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#LABUONANOTIZIA
12 MARZO 2023 – III DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A
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Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 4,5-42

In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna -, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».


Buongiorno sono il sole, in questa terza domenica di quaresima incontriamo una donna di Samaria, all’ora di mezzogiorno, ora calda e arida, al pozzo è sola e arriva Gesù per aprire una porta sul possibile: anche per lei è possibile imparare a desiderare come piace a lui, non come chi si sente tanto superiore perché sa di avere tutto ma come chi è così umile che può ricevere da chiunque. 

Oggi, in questa sete, Gesù fa nascere una donna nuova con il suo linguaggio delicato che non violenta ne usa i corpi come merce, ma usa parole che vanno al cuore, sentimento ed amore. Resta lì, in attesa, ad un pozzo, luogo biblicamente significativo per incontri importanti, Gesù attende lei che è sempre accompagnata da gente che mormora sul suo passato giudicandola ma, nel caldo afoso di un Mezzogiorno dei soliti, improvvisamente, una voce diversa si rivolge a lei con delicatezza: «Dammi da bere». 

Non la vuole giudicare né umiliare ma con lei parla di vita eterna, offrendo un di più a quello che per noi è il già abbastanza, un di più di bellezza, di bontà e di verità: «un’ac­qua che diventa sorgente che zampilla». La Buona Notizia passa da qui, da questo Pozzo di Sicar dove c’era la sete e dove Gesù cambia la vita con uno sguardo amante e una parola gentile, un amore dato con tenerezza, parla di metafore dal sapore di Cielo e ogni tanto fa scivolare qualche indizio per farsi riconoscere da lei, che nel paesello, gli uomini li conosceva quasi tutti ma mancava Lui, quell’Uomo che l’ha fatta ricredere sull’amore vero. «Credimi, donna, sono io che ti parlo», è Lui che riempie la vita di senso e ti fa lasciare la brocca al pozzo per correre a raccontare a tutti come ha scoperto la verità della vita. Va’ verso la città la donna samaritana e testimonia la Bellezza di un Dio che l’ha resa speciale e unica.

Chiamata per tutti ad essere apostoli, non a bere per placare la sete ma aiutare altri a trovare la vera sorgente, apostoli che, illuminati illuminano, apostoli che ricevono e danno senza tenere nulla per sé, apostoli che, come un pozzo, sanno regalare speranza, ascolto, amore, tenerezza, parole belle, che sanno vivere le relazioni a partire da un Dio che cambia la storia amando e servendo.

 

 

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5 MARZO 2023 – II DOMENICA DI QUARESIMA  – ANNO A

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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 17,1-9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».


Buongiorno sono il sole, in questa seconda domenica di quaresima abbiamo appuntamento con la bellezza, Gesù porta tre dei suoi apostoli su un monte che noi conosciamo come Tabor, il Monte della Trasfigurazione ma che loro non conoscono ancora. Sceglie loro e sceglie questo monte per rendere palpabile ed armonica la bellezza, a portata di sguardo e sorride nel vedere la loro amicizia che resiste a questa nuova versione splendente.

«Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». È  bello! lo stesso grido di stupore di Dio mentre, creando il mondo godeva di quello che creava. È bello! compito per noi nel vedere questa bellezza e rifletterla, mostrarla sul volto sapendo di essere lo lo specchio di Dio che, quando guarda l’uomo dice: che bello! A volte c’è la paura perché siamo fatti per gli incanti, ci garba fermarci dove siamo felici, dimenticare nel caos della valle le tribolazioni che attanagliano la vita e preferiamo stare sul monte per gingillarci nel bello, dove il cielo sembra accarezzare la terra. In questa seconda domenica di quaresima c’è un’altra tentazione di cui stare attenti ed è quella di fermare il tempo su ciò che ci garba, è proprio in questi momenti che può avvenire la svolta, la chiamata a un di più di bene, un di più di bello e un di più di vero. Tutti a casa, tutti giù nella valle con una missione incredibile: raccontare, incoraggiare, confortare, dire a tutti che quella storia sa di buono. Dal Tabor bisogna scendere, è l’amore che ce lo chiede. Gesù ci ha portato in alto, fuori dai nostri problemi per mostrarci come è lui realmente, toccarci e risvegliarci, allontanandoci dalle nostre ansie e paure per darci forza e indicarci la meta senza costruire capanne in uno spazio che ancora nostro non è, nostro è il quotidiano delle cose da vivere, la famiglia, il lavoro, gli amici e la comunità dove vivi.

Nessuno deve rimanere quassù, a due passi dal cielo ma tutti dobbiamo ritornare a valle, dopo essere stati rialzati. Per tutti c’è un «alzatevi e non temete» dopo aver ascoltato quello che il Padre regala del Figlio. Dio non mente, è bellissimo e chiede solo di ascoltare suo Figlio perché è la cosa più bella che ha da regalarci. Davanti c’è lui solo e ci basta. Perché possa rivelarsi per quello che è veramente dobbiamo permettergli di attrarci a sé e lasciare a lui la scena di protagonista della nostra vita, lui sa dove ci deve portare, come ci deve portare e quando portarci, in disparte, con la capacità di rispondere sì a una chiamata.

La Trasfigurazione è rugiada che scende sul turbamento, è consolazione che scende sulla nostra storia e la paura passerà se abbiamo qualcuno di cui fidarci coinvolgendoci e lasciandoci avvolgere.

Ciao belli

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26 FEBBRAIO 2023 – I DOMENICA DI QUARESIMA – ANNO A

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VANGELO
+ Dal Vangelo secondo Matteo(Mt 4,1-11)
In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».
Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: Non metterai alla prova il Signore Dio tuo».
Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai».
Allora Gesù gli rispose: «Vattene, Satana! Sta scritto infatti: Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto».
Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano


Buongiorno sono il sole, prima domenica di quaresima in una calda e torrida giornata nel deserto. Si trova qui Gesù, solo, per 40 giorni e 40 notti, in cui fare digiuno ed essere tentato dal diavolo. Un diavolo tenta il Signore ma ha scelto la persona sbagliata per farla cadere, non ha capito che se Gesù decide di mettersi al suo livello e perder tempo con lui non è perché sta cedendo ai suoi tranelli ma è per insegnare qualcosa a noi. Dio potrebbe risolvere la situazione antipatica in un niente e quattro miracoli, invece affronta la fatica del caldo, il rumore e il fastidio della fame e lo stress di quel rompiscatole che gli sta alle costole con tre tentazioni mica male, per regalarci una lezione di vita da incorniciare.

«Gesù viene condotto dallo Spirito» e non in un bagno di folla dove siamo soliti trovarlo, viene portato «nel deserto per essere tentato dal diavolo» e non per un giorno di digiuno e astinenza riservato a noi bravi cristiani da fioretti e bei propositi quaresimali che terminano a pasqua. Gesù vive con tutto sé stesso 40 giorni e 40 notti di digiuno e, alla fine, anche Gesù ha fame ed è qui, alla fine della quaresima, quando ormai aveva finito che entra in scena l’avversario, quando Gesù è provato, per essere sicuro di vincere. Stiamo attenti perché le tentazioni non arrivano all’inizio della quaresima ma alla fine, quando siamo stanchi e provati e basta un niente per cadere sfiniti. Tre carte e tre modi per noi di vivere il nostro rapporto con le cose, con Dio e con gli altri.

Cala la prima: Gesù, vedi se riesci a trasformare queste pietre in pane. Dio gioca al rialzo perché se il pane è buono più buona è la Parola. Gesù ha fame della Parola di Dio, del gusto di Dio. 

Cala la seconda: Gesù vieni quassù vicino al Cielo e buttati giù, vediamo se gli angeli vengono a prenderti. Gettati con fiducia…Ma la fiducia è in Dio che è Padre che non dà quello che penso mi serva ma quello di cui ho bisogno senza provare per credere. Gesù ha fame del Padre, della fiducia del Padre. 

Cala la terza: Gesù, se tu stai con me, in cambio ti darò il potere, volere e potere, volere è potere, l’amore non serve. Gesù non ne può più, è ora di dire basta: «Vattene, Satana!» Gesù ha fame di amore non di potere perché è l’amore che scaccia il timore e permette agli angeli di avvicinarsi e servire.

Ecco la Buona Notizia di questa prima domenica di quaresimaavvicinarsi e servire, due verbi da mettere nel vocabolario del cuore, avvicinarsi e servire, mettersi accanto alle persone e avere cura di loro, entrare nella solitudine della gente e fare compagnia. Il peccato ci rende soli, l’amore ci rende angeli che si fanno vicini e servono.

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19 febbraio 2023 – VII domenica T.O, – Anno A

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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,38-48

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


Buongiorno sono il sole, la parola che è Buona Notizia oggi è un ordine, un comando, un consiglio deciso da parte di Gesù, un verbo dato con fermezza: «Amate!». Gesù non ci vuole perfettini, ci vuole perfetti come è perfetto il Padre e così prendi il Vangelo e segui passo passo cosa ti chiede di fare il Figlio per essere tale e quale al Padre.

Iniziamo per gradi: «se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l’altra». Il primo passo è mostrare che non hai niente da difendere, se non hai fatto nulla di male, puoi tranquillamente lasciare che pian piano l’altro capisca che non deve esserti nemico. Porgere l’altra guancia è essere disposti a fare il primo passo nel ritrovare rapporti che si fondino sul perdono, porgere l’altra guancia è sapere che la vita continua a fiorire lasciando che quel «ladro che vuole rubarti la tunica si prenda anche il mantello», l’unica cosa che sa di protezione, l’ultima cosa che ti rimane e che ti rende da inoffensivo a vulnerabile, come è l’amore.

La vita continua a fiorire vincendo in generosità: due miglia sono meglio di uno in compagnia, una manciata di tempo, anche quando ne hai poco, è meglio che un rifiuto, un sorriso e una stretta di mano, a chi ti chiede qualcosa, è meglio che dare qualcosa voltando le spalle. La vita continua a fiorire amando il nemico: se amo, la vita fiorisce, se non amo, la vita finisce. Gesù chiede l’amore per il nemico, la preghiera per il nemico, il porgere la guancia al nemico dove, nemico, è quella parte nel cuore dove fai fatica a stare sapendo però che Dio, in suo Figlio, ci regala la possibilità di chiedere al Padre di avere un cuore capace di amare.

La Buona Notizia è sapere che da ora avremo un cuore nuovo, un cuore che, se anche il mio cuore avesse fatto fatica nell’imparare l’arte dell’amore, sarà un cuore tanto bello quanto bello è il cuore del Padre capace di amare sempre e tutti, che su tutti fa sorgere lo stesso sole e fa del mio cuore terra sacra, cuore che vuole e dice il bene dell’altro, cuore innamorato della vita che la vita la trasforma e, che della vita, se ne prende cura, cuore come quello di Dio che, quando dice, amate ama te. Ciao belli

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12 FEBBRAIO 2023 – V DOMENICA DEL TEMPO ORIDNARIO – ANNO A

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Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 17-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli.
Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio”. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Avete inteso che fu detto: “Non commetterai adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore.
Se il tuo occhio destro ti è motivo di scandalo, cavalo e gettalo via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geènna. E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna.
Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto del ripudio”. Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “sì, sì”, “no, no”; il di più viene dal Maligno»


Buongiorno sono il sole, oggi c’è un ma a far da scuola, un ma che, detto da noi, è sempre un mettersi contro e sentirsi un metro sopra la testa degli altri ma che, detto da Dio, è uno stimolo a diventare preziosi.

Se nella vita hai sempre “fatto così” con un piede nella tradizione e l’altro nelle rigide regole che non fanno cambiare, scegliendo la via del Vangelo tutto potrà sembrarti impossibile ma sarà veramente bello e la tua vita profumerà della felice beatitudine di mettersi sulla via del cuore e seguire Gesù dove, la scelta, è amare e dare vita o non amare e la vita toglierla.

Oggi, la Buona Notizia è il «ma io vi dico». Un ma che non il nostro che ci fa mettere al centro facendoci sempre sentire migliori degli altri con quel “sì, bellino, ma…” che, tra le righe, fa intuire che tu avresti fatto meglio, un ma che è il ma di Dio che non umilia l’altro ma porta a compimento un capolavoro, che non rimprovera ma assicura che possiamo diventare migliori, che non mette da parte il tuo impegno confrontandolo con il suo ma usa il tuo impegno per farti vedere quanto poco ti manca per il Regno dei cieli. Il ma di Dio ti chiede di cambiare non per disprezzare il già fatto e vissuto ma per amarti e far risplendere il bello che sei e che puoi. La prima scelta da fare è decidersi per la bellezza e riconoscere la luce che hai dentro, che non può essere oscurata da nulla perché tutto ha un senso: giudizi e pregiudizi perdono peso, i nostri errori non hanno più parola e smettere di pensare che puoi essere speciale ma incominciare a credere che lo sei da sempre, senza doverlo per forza convincere nessuno.

Coraggio, il Vangelo resta l’unica strada che ti rende più vicino al cuore del Creatore, molto più di quello che credi e anche se ciò richiede grande impegno e qualche strappo alle tue sicurezze assodate. Fare il primo passo costa, soprattutto, quando pensi di avere ragione ma se impari ad amare la fatica, poi sentirai una felicità nuova. Vince chi perde, se il tuo cuore è davanti al Cielo, quel ma di Dio che dice cose nuove su di te, fa fiorire la vita per un contraccambio di sguardi che ribalta la tua prospettiva in meglio e l’impossibile diventa il possibile di Dio per te. Ciao belli

 

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6 FEBBRAIO 2023 – V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A 

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Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,13-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».


Buongiorno sono il sole Gesù oggi mi dice che tu, io, noi, gli altri siamo il sale della terra  e la luce del mondo. Non dice: impegnati perché devi essere sale e luce, sottolinea il plurale, il fare le cose insieme e insieme a Lui fidandosi e vivere tutto quello che chiede anche mettendo in conto tutta la fatica del mondo. Ed è bellezza che si rinfrange in colori belli che tutti vedono e che fanno stare bene.

È Bella Notizia dentro un’altra Bella Notizia, luce del mondo e sale della terra, non per sentirsi migliori di altri ma per rassicurarci sulle nostre responsabilità, sui doni che Lui fa a noi per donarli agli altri. Lo dice a noi comunità, noi famiglia, noi amici, noi gruppo, lo dice a un marito e una moglie che insieme fanno un noi, lo dice a dei compagni di squadra che insieme fanno un noi, lo dice a una comunità di fratelli e sorelle che insieme fanno un noi, lo dice a un gruppo che insieme fa un noi, perché l’io da solo vale poco ma nella relazione è forza, è luce all’infinito che dà sapore, un buon sapore.

Noi siamo luce e sale perché accogliamo Gesù che è la vera luce e questa luce la portiamo in giro come candelabri viventi dedicandoci agli altri come farebbe lui, prendendoci ognuno cura dell’altro, accogliendo chi è povero e solo, vivendo ’facendoci caso’, che non è un bel modo di dire per distrarci un attimo sulle storie degli altri ma è un vivere fuori di sé. Solo così diventeremo luminosi e saporosi, luce del mondo e sale della terra come quello nel piatto che dà sapore al cibo, che si scioglie dentro il cibo confondendosi. Chiamati a rendere Dio presente nel mondo, quelli che sanno di qualcosa ma, soprattutto, che sanno di Qualcuno, che hanno ricevuto un dono nel Battesimo e questo dono è un gesto di cuore per tutti.

Ecco la Buona Notizia: Noi siamo persone belle che si accorgono di Dio che irrompe nella loro vita e cambiano, diventano persone belle con Dio nel cuore e lo condividono in modo meraviglioso, in modo luminoso, dando sapore, né tanto né poco, q.b., quel giusto che fa venire il gusto di Dio e la voglia di essere come Lui.. Ciao belli

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26 GENNAIO 2023 – IV DOMENICA DEL TEMPO ORDIARIO – ANNO A

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Vangelo

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».


Buongiorno sono il sole, la Bella Notizia oggi è una parola che si ripete 9 volte: beati! Nel testo greco, nella parola “macarioi“, è contenuta la parola “cuore” (car, da cardìa) che ci fa capire che la felicità riguarda proprio il cuore, avviene lì dentro, in noi anche se spesso la cerchiamo fuori ed è quella che dura nel tempo perché profonda. Ma, “macarioi“, non solo contiene la parola “cuore” ma, nel suo insieme significa “quelli che hanno il cuore rotto“, “diviso in due“, la causa dell’infelicità. Cuore rotto è un cuore inquieto che non ci fa mai contenti di come siamo fatti, ci fa sentire negativi e sempre sopra gli altri, cuore rotto non ci fa stare nella verità. La felicità allora, come dicono i Pinguini Tattici Nucleari, sta dentro le piccole cose, per esser felici bisogna avere un cuore non diviso ma unito, che ci faccia stare in pace con se tessi, con gli altri e con Dio, in pace con la nostra vita. Gesù, quando dice «Beati», ci regala la chiave della felicità ed è come se dicesse: io guarirò il vostro cuore diviso, lo unificherò, state con me, sulla mia Parola e non avrete più un cuore “non rotto”. «Beati» è Dio si prende cura di me e non mi lascia mai, si fa carico della mia felicità e me la regala, apre una porta sul possibile anche per entrare e perderci nella prima delle beatitudini, vivendola intensamente, abbracciando tutte le altre e aggiustare il cuore.

Beati i poveri. Felici i poveri che non diventeranno mai ricchi ma avranno il Regno di Dio nel cuore, ricchezza incalcolabile e vera perché avranno Dio dentro il cuore. Saremo beati se poveri, felici con meno per essere ricchi di Dio. Beati coloro che piangono, che fanno delle lacrime la felicità perché Dio è dalla parte di chi piange, di chi è nel dolore, di chi fa fatica, Dio è nelle tue lacrime per asciugarle, dare coraggio trasformarle in pietre preziose da mettere nel suo cuore accarezzando il tuo che è ferito. Beati i miti, perché erediteranno la terra sapendo che non c’è terra più bella del cuore degli altri e guadagnare una pace ritrovata. Beati quelli che….Gesù dice «Beati» guardandoci in faccia, la strada della beatitudine è fatta per chi la vuole percorrere.
Beati coloro che, nelle piccole attenzioni, nei piccoli e apparentemente insignificanti gesti, vedono attimi di meraviglia. Beati coloro che amano tenendo aperto il cuore per lasciarlo aggiustare da Dio che nel vuoto della vita sa fare beatitudini.

Oggi la Buona Notizia si chiama felicità, ha sapore del Cielo che si apre con quel «Beati» e si chiude con la ricompensa grande di trovare qualcuno a due passi dal cuore e condividere beatitudine. Ciao belli

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DOMENICA 22 GENNAIO 2022-III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A – 

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Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 4,12-23)
Quando Gesù seppe che Giovanni era stato arrestato, si ritirò nella Galilea, lasciò Nàzaret e andò ad abitare a Cafàrnao, sulla riva del mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:
«Terra di Zàbulon e terra di Nèftali,
sulla via del mare, oltre il Giordano,
Galilea delle genti!
Il popolo che abitava nelle tenebre
vide una grande luce,
per quelli che abitavano in regione e ombra di morte
una luce è sorta».
Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire:
«Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.


Buongiorno sono il sole, Giovanni Battista è stato arrestato, è stato stoppato, è stato fermato e Gesù, amico e cugino, lascia Nazareth per andare a Cafarnao, là, sulla riva del mare, perché è là, sulla riva del mare, che si compie la promessa: «Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino».  Lo dice a tutti: giratevi verso la luce perché, ecco, viene la luce.

Così inizia la Buona Notizia di oggi, con alcuni pescatori che sono abituati a vivere la notte illuminati solo dal chiaro di luna, abituati all’attesa, anche lunga, abituati anche alle reti vuote che, invece, porti a casa spesso piene, abituati al mare mosso della tempesta che muove barca e cuore rendendo il respiro affannato e agitato. Inizia con questi uomini che Gesù sceglie continuando quello che il cugino e amico faceva con tanta passione, inizia con un invito a girarsi verso la luce per imparare a vedere non per abitudine ma per un innamoramento che fa vedere con occhi nuovi chi ti sta vedendo da sempre.

Inizia con il verbo vedere che, anche se non fa rima con venire, ci sta molto bene. Vede Simone e Andrea, poi Giacomo e Giovanni e li invita a venire dietro di lui in un subito che è un lasciare tutto quello che hanno e che fanno senza tentennamenti e senza neppure sapere cosa faranno di preciso, sanno solo che rimarranno pescatori anche se, tra pesci e uomini, la differenza non è poi così poca. Lasceranno ogni cosa e casa per seguire il sogno di chi riesce a guardarli spostando lo sguardo dalla terra al Cielo, trasformando il dolore in gioia, cambiando una situazione di buio in un fascio di luce senza tempo né spazio. Ascolteranno le parole di chi dice beati a tutti quelli che fanno della loro vita un dono per gli altri proprio come lui. Guarderanno i gesti di quell’uomo di Nazareth per imparare a toccare, accarezzare, amare come lui che dona la vista ai ciechi, la parola ai muti, il sorriso a chi piange. Vedranno gli occhi di chi sente la delicatezza di una carezza toccargli il cuore. Sentiranno la speranza dei disperati che ritrovano la forza di rialzarsi.

Ecco la bella storia di chi si lascia incantare da Dio, coinvolgendosi e innamorandosi di un Sogno possibilità per tutti quelli come noi a cui basta un sì, un lasciare  e un subito per vivere la Buona Notizia di Dio che cammina, vede e chiama ad andare con lui.
Si tratta solo di voltarsi verso la luce, convertirsi e crederci, basta guardarlo negli occhi, fidarsi sulla Parola, fidarsi di quella Parola appoggiata sul cuore.
Questa è la gioia del Vangelo ed è grande luce per tutti, anche quelli che ancora abitano il buio e non hanno il coraggio di rischiare. E non hanno il coraggio di lasciarsi illuminare.

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15 GENNAIO 2023 – II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

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Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,29-34)
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».


Buongiorno sono il sole, torna Giovanni, il Battista, colui che domenica ha imparato a lasciare fare il Signore, torna e ci insegna a non soccombere di fronte alla tentazione che potrebbe prenderci ogni tanto quando ci sentiamo migliori degli altri. Giovanni è qui per dirci di non puntare il dito contro gli altri per capire di chi è la colpa o chi ha sbagliato di più ma puntare il dito per indicare chi ci fa capire che, essere liberi, è legarsi a qualcuno per essere capaci di fare qualsiasi cosa sapendo di non essere soli: «Ecco l’Agnello di Dio».

Buona Notizia di un Dio che, in suo Figlio, non chiede più sacrifici ma sacrifica se stesso, non pretende nulla ma offre tutto se stesso, non mi spezza le gambe per punirmi ma spezza il suo corpo sull’altare per amarmi, per nutrirmi, per consolarmi. Non prende ma dà, dà tutto sé stesso e dà il cuore, dà con il cuore lasciando liberi ed è paradosso: è libero solo chi sa amare per primo ma solo chi è libero, può amare per primo.

«Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo». Non si parla di peccatucci che compiamo o che siamo bravi a nascondere ma di un peccato, quello di aver mancato il bersaglio, la nostra condizione di peccatori, la nostra assenza di amore, il nostro non essere più capaci di volere il bene e di volere bene, le nostre ferite, le nostre chiusure nelle relazioni, i nostri sguardi maligni che non ci fanno più amare l’altro.

Giovanni si mette da parte per indicarci la parte migliore: noi chi siamo? Noi siamo quelli che seguono l’Agnello, che sanno amare come lui ama, che fanno quello che lui fa e desiderano ciò che lui desidera. Come lui, braccia aperte al mondo, tocco di tenerezza per le persone ferite, sorriso di Dio per tutte le persone che si sentono sole. Un amore vero gioca d’anticipo, senza il bisogno di dover aspettare delle scuse perché, ogni amore che viene da Dio, non pretende, precede. Sempre. Noi siamo quelli che seguono l’Agnello ovunque e comunque senza la paura di farsi ferire il cuore, un cuore ferito è la garanzia che si sta amando sul serio, come il cuore di Dio che è sacro proprio perché trafitto e ti sorprenderai quando uscirai dal recinto delle previsioni senza la paura di saperti cambiato e ammettere di non sapere tutto di te, dell’altro, della vita, di Dio ma disposto finalmente a mettere in discussione le tue prospettive. Allora, solo allora, la tua imperfezione non sarà più una condanna ma una vocazione.